Monsieur le President, nous sommes vraiment dans la merde

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  1. Sebastiano Monieri
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    Ho scritto il titolo di questo editoriale in francese per “ingentilire” in qualche modo un argomento che di gentile davvero non ha nulla, ma che non di meno, è all’ordine del giorno.
    Nei giorni scorsi, le tanto detestate intercettazioni, hanno rivelato il pensiero ultimo del nostro capo del governo sul Paese, ovvero; “questo è un paese di merda”.
    Manco a dirlo, tutti i giornali hanno abbondantemente ricamato su questa inopportuna affermazione (peraltro, scusi presidente, ma non è proprio lei a dire sapere di essere sempre intercettato?), per cui non aggiungerò nulla. Mi limito a dire che vi è certamente però una piccola variazione da fare: questo non è un Paese di merda; questo è un Paese NELLA MERDA! Da cui la domanda: ma come siamo finiti così?
    Sono anni che da tutte le parti, dalla sofisticata Marcegnaglia al sanguigno Di Pietro all’improbabile Bersani strepitavano avvisando che nel mondo si stava levando una tempesta tale da fare impallidire l’uragano Katrina e l’11 settembre, e dal governo cosa sentivamo? Imperturbabili, il Presidente e il Ministro del Tesoro dicevano che non eravamo messi così male e la nostra posizione era solida ed invidiabile. Nel frattempo la Grecia andava a quel paese, la Spagna finiva a gambe all’aria, e noi ancora a dire “va tutto bene madama la marchesa”, ed ad occuparci delle varie zoccole che eventualmente passavano dalle camere da letto di Arcore a quelle parlamentari ed affini. E c’è di peggio, se pensiamo che all’indomani dei voltafaccia elettorali della primavera, dalle parti del centrodestra e degli organi d’informazione(?) ad esso vicini s’invocava a gran voce che Tremonti aprisse i cordoni della borsa per riguadagnare il terreno perduto (ovvero aumentare la spesa pubblica per fare clientela, tanto tutto andava bene). Dobbiamo quasi essere grati alla crisi, perché in qualche modo si è affermato il principio che, piuttosto che stare a pensare ad improbabili riforme della giustizia in senso pro-arcoriano era ora di pensare a qualche problema serio. Il problema, è che a pensarci erano sempre i soliti: Berlusconi, Sacconi, Calderoli e il Bossi magari con trota al seguito e qualche altro pretoriano sparso a pressare su Tremonti sotto minaccia di licenziamento. Risultato: neanche il tempo di stappare bottiglie di champagne, la manovra proposta veniva sepolta sotto un tale cumulo di pernacchie (questa volta non di Bossi ma della “sua” gente) che Calderoli correva da Sacconi a cercare di porre rimedio e la manovra veniva gettata nei gabinetti del Parlamento e inesorabilmente cancellata dallo sciacquone popolare. E qui arriva il dato più significativo di tutti gli ultimi mesi: LA GENTE NON CREDE PIU’ ALLE BALLE CHE BERLUSCONI E BOSSI RACCONTANO. L’incanto è finito. I due capoccioni non sono più intoccabili; anzi, hanno i giorni contati. Il PDL è sotterraneamente (ma anche ufficialmente) frantumato ed è in atto la corsa alla successione, con Formigoni che, alla faccia di Alfano, forte della presenza della Chiesa alle sue spalle intende formare un nuovo fronte di centro con Casini lasciando alla deriva la parte più estrema del PDL, mentre nella Lega si scontrano Calderoli e Maroni.
    Nel frattempo l’Italia è appesa (non sappiamo fino a quando) alla tutela della Banca Centrale Europea, e la manovra appare sempre legata a motivazioni politiche più che economiche, come dimostra l’attacco alle Cooperative ed allo statuto dei lavoratori. Sono gli ultimi gemiti di un governo che prima di estinguersi tenta di realizzare fino in ultimo quella che è sempre stata la sua missione: distruggere lo Stato in tutte le sue manifestazioni per aprire spazi maggiori al controllo da parte delle grandi corporazioni. Proprio quei poteri economici che Tremonti afferma essere stati l’origine della crisi, e che grazie alla crisi si sono arricchite sempre più, facendo pagare agli stati i disastri creati, facendone aumentare il debito per poi criticarli ed indebolirne la funzione; lo stesso Obama probabilmente pagherà pegno per l’aver cercato di chiudere il cerchio, come dimostrano le cause intentate dal Governo USA contro le grandi banche che hanno speculato sui titoli inaffidabili. Siamo tutti alle corde. Ricordiamoci di quello che è successo e del perché.
     
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0 replies since 6/9/2011, 16:22   19 views
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