Il pieno successo della rivoluzione neo-liberista in Italia: paese a pezzi, ladri ovunque.

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  1. Sebastiano Monieri
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    Da anni (più o meno dagli anni ottanta ad oggi), abbiamo sentito sempre più spesso parlare in giro di neo-liberismo; una corrente di pensiero politico-economica che propone la riduzione dell’influenza dello Stato su molte delle competenze ad esso finora riconosciute in favore della “iniziativa privata”, vista come toccasana rispetto alle inefficienze vere o presunte del primo, vestendo idealmente di super-poteri quei grandi poteri economici che dovevano subentrare come agente proponente del progresso, e dichiarando (il pensiero reganiano) che all’arricchimento ulteriore dei ricchi avrebbe fatto seguito per ricaduta il miglioramento di vita dei ceti sottostanti.
    A vent’anni e passa dalla proposizione di questi ideali, e come molti avevano predetto, quello che è accaduto è che il potere d’ogni tipo è in mano al potere finanziario, e gli stati (“esse” minuscola non a caso), colpevolmente governati da personalità spesso del tutto asservite o contigue, non fanno altro che ottemperare a queste dottrine, facendo divenire la propria gente agenti passivi di questo sistema (detto in parole povere, quelli che pagano e basta).
    In Italia qualcuno va dicendo che i problemi sono dati dal fatto che in realtà c’è ancora troppo stato e poco liberismo, mascherando demagogicamente il fatto che la rivoluzione liberista ha avuto da noi pieno successo. Ciò perché l’anima della rivoluzione liberista è la disgregazione dello Stato, demolendo l’idea di appartenenza, di fedeltà, di rispetto della funzione pubblica. Tutto questo in Italia è stato fatto ottimamente, giocando su un terreno fin troppo favorevole; l’Italia dei campanili, da secoli in contrasto reciproco, spesso ostile al proprio vicino (meglio un morto in casa che un pisano alla porta, dicono se non sbaglio nel lucchese, ma vale tranquillamente per tante altre località nazionali). Dopo il 1861, in’Unità d’Italia (che fu liberale) anche non del tutto equilibrata aveva messo le basi per la nascita di un’idea nazionale ormai decaduta, e con essa è decaduta anche l’idea del rispetto dello stato. Esso oggi (ma già da un po’,ammettiamolo) è solo una vacca (un tempo grassa) da mungere impietosamente e sfacciatamente, per cui, chi si stupisce delle porcherie commesse dai vari rappresentanti istituzionali dovrebbe sentirsi spesso addosso il puzzo di ipocrisia, e riguardare i propri voti degli anni passati (dati ad est od ad ovest). In base al nuovo credo liberista, al massimo, la fedeltà va ad intangibili entità sovranazionali, che di certo non parlano di unità tra i popoli, ma di asservimento dei popoli. Ovviamente, con questi presupposti, tutti gli spazi sono stati occupati da personaggi che hanno ben capito il funzionamento del sistema e lo hanno alimentato: furto, corruzzione, voto di scambio, gestione dei poteri di spesa degli enti locali. tutti infiltrati da chi spregiudicatamente sapeva oliarne le ruote. Ammettiamo tutti le nostre colpe; anch’io avevo abboccato al miraggio dell’euro come veicolo dell’unità europea, splendente principio inculcatoci da bambini (ricordo ancora i concorsi fatti quand’ero alle elementari, figuratevi), ma quello che mi sono trovato in tasca era tutt’altro. Cominciamo a ricercare studiare e leggere, per capire perché non è più il caso di ingoiare tutte le balle che ci hanno rifilato per anni e che qualcuno vorrebbe ancora riciclarci.

    Edited by Sebastiano Monieri - 7/10/2012, 22:56
     
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